STORIA-LEGGENDA DELLA BELLISSIMA MARGHERITA MARSILI
L'estate scorsa ho avuto la fortuna di intraprendere un interessante viaggio in Maremma con un simpatico gruppo di Padova. Era da un po' che non tornavo nella selvaggia terra dei Butteri, è stata l'occasione sia per ammirare luoghi già visti, sia per apprezzare località ancora ignote e di restarne affascinata, grazie alla sapiente guida che ci ha accompagnato alla scoperta del luogo.
È incredibile, quando penso alla Toscana, sebbene ci sia stata più volte e abbia visitato varie località, la prima cosa che mi viene in mente sempre, sono le vacanze trascorse in Maremma... è una terra che mi è rimasta nel cuore, come il suo mare. Durante questo breve soggiorno, un intenso sapore di malinconia non mi ha mai abbandonata, forse perché la mente mi riportava ai ricordi delle estati trascorse tra Castiglione della Pescaia e Grosseto e alle persone con visitai questi luoghi in passato, persone che per vari motivi, non fanno più parte della mia vita.
Oggi vi voglio raccontare la storia di Margherita Marsili detta la "Bella Marsilia", figura potentemente suggestiva, a metà fra storia e leggenda.
Se percorrete la strada Aurelia, lungo il litorale che costeggia il mar Tirreno, tra Alberese e Orbetello, all’interno del grande Parco Naturale della Maremma, potete scorgere molte torri d’avvistamento costruite con l'intento di proteggere la costa maremmana dalle continue incursioni e scorrerie dei pirati saraceni.
Accanto a una di queste torri, sorgeva il castello dei Marsili di cui restano poche tracce, mentre la torre si erge ancora salda e poderosa ed è visibile dalla strada. Si trova, infatti, all'estremità occidentale del territorio comunale di Magliano in Toscana, su una propaggine collinare dei monti dell'Uccellina, che guarda verso l'entroterra.
La storia narra che la bellissima fanciulla, caratterizzata da una folta e riccia chioma di capelli rossi, fu rapita il 23 aprile del 1543 sui monti dell’Uccellina dai pirati turchi e, venduta come schiava, finì nell’harem del sultano di Costantinopoli, che completamente ammaliato dalla sua disarmante bellezza, ne fece ben presto la sua favorita.
I Marsili, nobili e ricchi signori senesi, erano soliti trascorrere diversi mesi l’anno nelle loro terre per dedicarsi alla caccia, come allora si usava fare tra i grandi proprietari terrieri.
All’inizio della primavera dunque tutta la famiglia si recò al Collecchio: il padre Giovanni, la moglie e i cinque figli, di cui Margherita era la maggiore.
Nel frattempo l’Ammiraglio di Solimano, Khar-ed-Din detto "Il Barbarossa", si trovava nel Tirreno con le sue potenti flotte per assaltare e mettere al sacco la potente città di Genova.
Fallito questo attentato decise di puntare verso l’Elba da cui preparare un’incursione su Piombino, per regolare alcuni conti in sospeso con i Principi Appiani. Ma ancora una volta le circostanze gli furono avverse: fortunali di rara violenza lo bloccarono nei porti dell’isola, dando tempo e modo a Cosimo De’ Medici di rafforzare le difese del principato. A quel punto si accontentò di mandare le navi in perlustrazione per ottenere in qualche modo soddisfazione e bottino. Giunto con due imbarcazioni sulle coste grossetane scese verso Talamone e, saputo dell’arrivo della famiglia Marsili, nascose i legni dietro gli scogli delle Formiche attendendo il momento favorevole per attaccare. La facilità con cui le orde corsare raggiunsero la meta non deve stupire, infatti, le coste in quel punto erano sprovviste di sorveglianza, tenuto conto che non esistevano ancora i molti forti e le torri che oggi dominano il panorama della bassa Maremma. Inoltre, non era certo difficile per dei pirati esperti reclutare qualcuno disposto, per paura e per denaro, a fare da guida o da spia.
Il 23 aprile 1543, nel cuore della notte, aiutato da un pescatore, detto Cernia, perché come quell’abitante degli abissi più profondi, era abituato a muoversi nell’oscurità, il Barbarossa guadagnò la riva con i suoi uomini e, giunto senza colpo ferire al castello, penetrò al suo interno e uccise gli abitanti risparmiando solo la giovane Margherita, sicuro che la sua tenera età e la sua straordinaria bellezza gli avrebbero procurato una lauta ricompensa.
Imbarcatisi a Cala di Forno e rivolte le prue verso il mare aperto, i pirati turchi si diressero verso Costantinopoli: undici giorni di viaggio furono sufficienti a trasportare la ragazza sull’altra sponda del mediterraneo, sulle rive del Bosforo, e a trasformare per sempre la sua vita. Margherita era una merce preziosa e fu trattata con ogni riguardo. Pare che i pirati avessero prelevato dalla sua stanza tutti gli oggetti che le potessero risultare graditi: abiti, ninnoli, specchi e perfino un libro con le cristiane preghiere per non farla sentire troppo sola durante la traversata.
Da allora la sedicenne Margherita scomparve dalla scena e continuò a vivere come Kurrem Sultana, appellativo da cui derivò il nome Rosselana, non dipendente dunque dal colore delle sue folte e rosse chiome.
Il fascino di Margherita era tale che non ci mise molto ad entrare nelle grazie del Sultano, che ne fece in breve la sua favorita. Da parte sua l’odalisca toscana fece di tutto per legarlo a sé e fece in modo che il sultano esaudisse ogni sua richiesta. Dal Sultano ebbe cinque figli, quattro maschi e una femmina, e questo non fece altro che aumentare le sue pretese.
Per prima cosa ottenne la libertà. Successivamente, non simpatizzando per il concubinato, pretese dal sultano di diventare regina a pieno titolo. E così fu, il Magnifico la prese in moglie e le intestò una dote enorme, proveniente dalle rendite di alcune tra le più ricche regioni dei suoi domini e le conferì il titolo legale di sultana. Ma questo non le bastò, infatti, volle essere l'unica legittima consorte. Il sultano, ammaliato dalla sua bellezza, la accontentò anche su questo punto.
Ma neppure questa concessione fu sufficiente a fermare le sue velleità, bensì, come legittima consorte, pretese di porre sul trono il figlio primogenito Mohammed, ma la legge dinastica prevedeva che la successione spettasse al primo figlio del re.
Solimano aveva già avuto un erede, Mustafà, da un’altra concubina ed era irremovibile, pertanto, la Bella Marsilia, ottenne quanto voleva in un altro modo, ordì, infatti, una serie di intrighi che portarono alla morte di Mustafà, primogenito del Sultano. Margherita riuscì, con una serie di raggiri, a far incolpare Mustafà di tradimento e a farlo condannare a morte. I suoi figli ebbero quindi via libera per la successione al Trono. Sembra che anche in seguito ella sia riuscita ad influenzare notevolmente l'attività politica di Solimano.
Storia o leggenda?
Difficile dare una risposta certa, lascio a voi l’arduo verdetto. Quello che è certo è che eventi remoti, dei quali non si riesce ad avere luce dalle più antiche memorie, finiscono per essere soggetti ad interpretazioni contrastanti. Così la vicenda della Bella Marsili ha sostenitori che giurano sulla sua veridicità e detrattori che la relegano a semplice storia buona per le veglie.
Ma la domanda più interessante, a mio avviso, è la seguente:
chi di noi vorrebbe un amore così? Un uomo che pende letteralmente dalle nostre labbra e disposto ad esaudire ogni nostra, a volte insensata, pretesa??? Ammesso che anche ci fosse e posto che riuscissimo a trovarlo, probabilmente saremmo condannate, come la bella Margherita, alla costante inquietudine e alla perpetua ricerca di una nuova rivendicazione da ottenere.
Maremma, settembre 2019
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